Gli affreschi

Giambattista e Giandomenico Tiepolo

Giambattista Tiepolo
Il pittore, nato a Venezia nel 1696 e morto a Madrid nel 1770, è stato uno dei massimi artisti del Settecento. Pochi, però, seppero godere come lui della fama e della considerazione dei contemporanei. Le sue opere venivano richieste dappertutto: committenze religiose si alternavano a incarichi di prestigiosi privati o di grandi corti europee, dal palazzo dell’Arcivescovado di Udine ai dipinti per la Scuola dei Carmini a Venezia, dagli Amori di Antonio e Cleopatra di palazzo Labia alla Corsa del carro del Sole di palazzo Clerici a Milano; affreschi, pale d’altare, tele mitologiche e storiche si susseguirono senza interruzione in un’inesauribile creatività. Nel 1750 Tiepolo viene chiamato a Wurzburg con i figli Giandomenico e Lorenzo che ormai lo affiancano, per decorare la Kaisersaal e lo scalone d’onore della residenza del principe-vescovo Carl Philipp von Greiffenklan con affreschi celebranti le imprese dell’imperatore Federico Barbarossa. Subito dopo i Valmarana gli commissionano un ciclo di affreschi sia per il loro palazzo di città, distrutto durante la guerra, sia per la residenza estiva di San Bastiano. Nel 1762, sempre accompagnato dai due figli, è alla volta di Madrid dove, per incarico del re Carlo III, decora tre sale del Palazzo Reale – tra cui quella del trono – e dove otto anni più tardi si spegnerà.

Giandomenico Tiepolo
Figlio di Giambattista e di Cecilia Guardi (sorella dei noti pittori Antonio e Francesco) è nato a Venezia nel 1727 dove muore nel 1804. Allievo del padre, collaborò con lui alla realizzazione dei suoi più grandi affreschi riuscendo però a costruire un proprio stile visivo e tematico. La sua opera più importante, in cui manifesta il meglio della propria personalità, rimane senza dubbio il complesso degli affreschi della Foresteria della Villa Valmarana dove ritrae, con acuta ironia, la società veneziana del suo tempo. Alcuni dei soggetti della Villa, tra cui il Mondo novo, verranno da lui ripresi nella Villa di Zianigo dove si era ritirato; tali affreschi sono ora esposti nel museo di Cà Rezzonico a Venezia.

Palazzina

Nella Palazzina, su suggerimento del committente Giustino Valmarana, Giambattista, nel pieno della sua maturità artistica, si dedica ai grandi temi epici, scegliendo quando possibile gli episodi sentimentali: Ifigenia in Aulide, Iliade, Eneide, Orlando Furioso, Gerusalemme Liberata.

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Sala di Ifigenia

Vi è illustrato il sacrificio di Ifigenia in visione tridimensionale: al centro il sacerdote Calcante sta per uccidere la giovane Ifigenia. Tutti gli astanti alzano lo sguardo, perché miracolosamente, sopra una nuvola vaporosa, due amorini trasportano una cerva, che verrà immolata al posto della fanciulla. Sulla destra Agamennone si copre il volto per non vedere l’uccisione della figlia. Su un lato del soffitto Diana, con le sue ninfe, invia la cerva salvatrice. Sull’altro lato Eolo, dio dei venti, soffia un alito, perché la flotta possa salpare. Infatti bandiere e vessilli sono già in movimento, perché il vento ora spira. Sull’altra parete si stanno preparando i viveri e le armi per la spedizione e la partenza alla volta di Troia. Dall’inquadratura risalta un protagonista (forse Giustino Valmarana) che, commosso, segue il dramma che si svolge sull’altare del sacrificio. Interessante il cane che saluta il suo padrone (forse Ulisse). Sulle sovrapporte le personificazioni in monocromo dei quattro fiumi più importanti della terra noti nel Settecento.

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Sala dell'Iliade

Briseide, schiava di Achille, viene tolta di forza dalla sua tenda, per essere accompagnata dal suo nuovo padrone: il re Agamennone, che l’attende in posizione statuaria, come un despota; Achille, preso dall’ira per il rapimento della sua schiava, si scaglia contro Agamennone, ma viene trattenuto per i capelli da Minerva, dea della guerra e della sapienza, scesa dal cielo; Achille, rattristato, viene consolato dalla madre Teti, dea del mare, che al suo pianto emerge dai flutti marini, accompagnata da una Nereide. A Giandomenico è attribuito il paesaggio campestre dell’ultima parete. Sul soffitto è rappresentata Minerva.

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Sala dell'Orlando Furioso

Angelica, principessa del Catai, è legata ad uno scoglio dai pirati, per essere divorata da un’orca marina; il cavaliere Ruggero, a cavallo di un ippogrifo, scende a liberarla; Angelica incontra successivamente il soldato saraceno Medoro e ne cura la ferita: nasce fra i due un amore, ma, poveri come sono, devono essere accolti in casa da due contadini; nell’accomiatarsi li ringraziano, regalando loro l’anello, che Orlando aveva donato ad Angelica come pegno del suo amore (le figure dei due contadini sono opera di Giandomenico). Nell’ultima parete Angelica incide il suo nome sull’albero: si noti l’intenso sguardo d’amore; nel soffitto Cupido
bendato alla guida di un carro tra le nuvole: allegoria della passione amorosa, che, cieca, determina l’umano agire.

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Sala dell'Eneide

Venere, dea dell’amore, appare al figlio Enea e al suo compagno Acate, sbarcati, dopo una tempesta sulle coste africane e subito si allontana, portando con sé Ascanio. Cupido si incorpora in Julo che, insieme al padre, è accolto regalmente da Didone: tra i due nasce l’amore; sull’altra parete è Mercurio dai piedi alati che, quale messaggero degli dei, si presenta ad Enea, ordinandogli di lasciare Cartagine e di proseguire il viaggio verso il Lazio. Da Julo, che sposerà Lavinia, discenderà la “gens iulia”(Giulio Cesare ed il pronipote Augusto). Così i Romani discenderanno dai Troiani e la loro stirpe avrà origini reali e divine; in chiaro-scuro è dipinto Vulcano, dio del fuoco, che nella sua fucina sovrintende al lavoro dei suoi fabbri, che stanno forgiando le armi per Enea, alla presenza di Venere. Sul soffitto, andato parzialmente distrutto a seguito di un bombardamento sulla città nel 1944, era rappresentato il trionfo di Venere.

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Sala della Gerusalemme Liberata

La maga Armida, che protegge i Saraceni, con un canto riesce ad addormentare il cavaliere crociato Rinaldo e su un cocchio lo porta nella sua dimora incantata allontanandolo dalla guerra; in questo luogo lussureggiante, con l’aiuto di uno specchio, Armida compie un incantesimo per cui il cavaliere si innamora di lei e abbandona i suoi compiti di crociato.  Goffredo di Buglione, il comandante dell’armata cristiana, manda due soldati, Carlo e Ubaldo, perché lo ritrovino e lo riportino sul campo di battaglia; Rinaldo, grazie a uno scudo incantato nel quale si specchia, capisce di essere stato vittima di un sortilegio e decide di ripartire per le crociate, nonostante Armida tenti ancora di sedurlo. Sul soffitto l’allegoria rappresenta il trionfo  della virtù sul vizio, della luce sulle tenebre, del bene sul male.                                                                                                                                  

Foresteria

La Foresteria, trionfo pittorico di Giandomenico Tiepolo, è l’unico luogo al mondo dove, attraverso le sue sette stanze interamente affrescate, è possibile confrontare con immediatezza l’opera del padre Giambattista con quella del figlio Giandomenico. Infatti, dopo le Cineserie, i Contadini e le Passeggiate del figlio, l’occhio rimane affascinato e confuso nell’entrare nella stanza degli Dei dell’Olimpo, molto diversa dalle altre sale. E’ di Giambattista, così come il servitore negro (Alì) che scende dalle scale in trompe l’oeil nella stanza successiva dedicata al Carnevale di Venezia.



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Sala delle Cineserie

Le immagini alle pareti sono una stravagante evocazione della Cina in auge a Venezia in tutto il '700. L’adorazione di una divinità lunare, l’acquisto di spezie e di stoffe preziose sono semplici pretesti per mostrarci quelle mercanzie che, fin dai tempi di Marco Polo, giungevano a Venezia.
Giandomenico Tiepolo, che non ha mai visitato l’impero celeste, ha immaginato quttro finestre che si aprono su un paese straordinario, dove vivono animali stranissimi, uccelli di incredibile grandezza, spezie e radici impensabili. Particolare suggestione è data dal pino marittimo che, uscendo dai limiti della parete, sembra entrare nella stanza, creando un effetto tridimensionale.

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Sala dei Contadini

In questa sala Giandomenico rappresenta il mondo dei contadini veneti in un’afosa giornata di sole. 
Su una parete una famiglia mangia davanti ad uno steccato da cui pendono zucche e fogliame. Di fronte, altri contadini si concedono una sosta sotto gli alberi: sullo sfondo, un filare di gelsi. Sulla parete accanto due donne e una bambina vanno al mercato vestite a festa;  da una cesta spunta la testa di una gallina, mentre una vecchia si riposa all’ombra di un albero recitando il rosario.

Secondo autorevoli pareri, Francisco Goya, sarebbe stato infliuenzato da Giandomenico durante la sua permanenza a Madrid dove era stato chiamato con il padre a dipingere il soffitto del palazzo reale.

Sulle sovrapporte satiri e faunesse si prendono gioco di chi passa.

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Sala delle Passeggiate

Qui sono rappresentate le passeggiate dei signori in estrate e in inverno in un ambiente neo-gotico: se di solito veniva adoperato per i padiglioni nei giardini, per la prima volta questo stile decora le pareti di una stanza.  

Da un lato un' elegante coppia passeggia protetta da un ombrello per ripararsi dal calore estivo; di fronte tre ricche dame si difendono dal freddo invernale con turbanti e pellicce e manicotti,

Al centro, una coppia di innamorati dagli abiti di origine kossovara si scambia una lettera sotto un cielo ottobrino.

 

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Sala degli Dei

La stanza degli dei dell'Olimpo è l'unica affrescata da Giambattista che, con i suoi soggetti mitologici, torna al “sublime”. Al centro Giove seduto sulle nuvole, come su un trono, con accanto un'aquila mostra i simboli del suo potere: le saette e lo scettro. Intorno gli altri dei ognuno con il simbolo che lo definisce: Marte e Venere con la mela; Apollo e Diana con la mezza luna sopra la testa; Saturno con la falce e la clessidra; Mercurio con il copricapo alato.

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Sala del Carnevale

Questa stanza è considerata il capolavoro del quadraturista Mengozzi Colonna con due grandi scaloni in trompe l'oeil: da uno pende una scimmia, dall'altro avanza un moro, Ali, il servitore dei Tiepolo con un vassoio del caffè, probabilmente dipinto da Giambattista. Nelle altre pareti scene del Carnevale di Venezia. Ma su tutti domina il misterioso Mondo Nuovo dove i personaggi in bautta o maschera, ripresi di spalle, seguono le immagini prodotte dalla Lanterna magica. Molto più tardi Giiandomenico tornato da Madrid riprenderà questo soggetto nella sua villa di Zianigo di sua proprietà dei Tiepolo e ora a Cà Rezzonico

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Sala delle Architetture

Le Architetture costituiscono il soggetto di questa sala attribuita ad Antonio Visentini (1688 - 1782), collaboratore dei più grandi pittori veneti del '700, specializzato in fantasie architettoniche e capricci, e rappresentano imponenti edifici palladiani. Ma i piccoli personaggi in primo piano e in particolare un elegante gentiluomo e un cane che con grande disinvoltura assolvono alle loro esigenze corporali sono inequivocabilmente opera di Giandomenico.



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Sala dei Putti

La stanza dei Putti prende il nome dai bambini che giocano dentro ovali incorniciati da una serie di arabeschi dorati che si inerpicano su tutti i muri. Spicca su tutto il magnifico pappagallo dalle piume blu e rosse, anche questo riprodotto per la sua villa di Zianigo da Giandomenico e ora a Cà Rezzonico.